Il lavoro dei traduttori letterari è molto prezioso. Senza di loro non potremmo mai leggere in italiano i testi di autori stranieri. Abbiamo il piacere di ospitare nel nostro blog Michele Piumini: traduttore letterario dal 2000 e docente di traduzione dal 2005. Fra narrativa per adulti e ragazzi, libri musicali e saggi, ha tradotto dall’inglese oltre centoquaranta titoli per le case editrici Il Battello a Vapore, Codice Edizioni, Edizioni EL, Edizioni Sur, Einaudi Ragazzi, Emme Edizioni, Feltrinelli, Galaad Edizioni, Indiana Editore, Isbn Edizioni, Johan & Levi, minimum fax, Mondadori, My Life, Nessun Dogma, Nuove Edizioni Romane, Piemme, Ponte alle Grazie, il Saggiatore, Salani e Sonzogno. Fra le opere da lui tradotte, cinque libri di Jack Kerouac, due romanzi di Agatha Christie e le autobiografie di Sting, Bruce Springsteen, Elton John, Phil Collins, Herbie Hancock e Moby. Dal 2003 è collaboratore redazionale degli Oscar Mondadori.

Quando hai deciso di diventare traduttore?

L’amore per la lingua inglese è sbocciato grazie alla mia passione per la musica e a una straordinaria insegnante di inglese alle medie, con la quale sono tuttora in contatto. Al liceo, con grande orrore dei miei compagni, ho scoperto che amavo tradurre le versioni di greco e latino, ed è forse allora che ho cominciato a sognare di fare il traduttore “da grande”. Durante l’università ho avuto l’opportunità di affrontare la mia prima prova di traduzione, poi sfociata nella mia prima traduzione, e da allora non mi sono più fermato.

Qual è stato il tuo percorso formativo?

Al di là del liceo classico e della laurea in lingue, non ho una formazione specifica orientata alla traduzione.

Qual è stato il primo libro che hai tradotto?

Un cane davvero speciale, un libro per bambini dello scrittore spagnolo Bernardo Atxaga. A parte altri due libri dallo spagnolo, ho tradotto solo dall’inglese.

Hai tradotto in italiano alcuni dei più importanti nomi del panorama musicale. Ne cito tre: Sting, Bruce Springsteen, Elton John. Che cosa prova un traduttore quando lavora con miti di questo calibro?

È davvero emozionante poter conciliare le mie passioni per la musica e il linguaggio nella traduzione delle autobiografie musicali. L’emozione è ovviamente ancora più grande quando si parla di superstar di questo livello. Il che però non mi intimorisce, anzi, mi stimola a dare il massimo, sapendo che saranno in moltissimi a leggere i loro libri.

Qual è il ricordo più bello della tua carriera?

Sicuramente aver conosciuto di persona Sting, il mio “idolo musicale”, grazie alla traduzione della sua autobiografia. O meglio alla ritraduzione: è una storia a dir poco singolare, alla quale ho dedicato una pagina del mio sito.

Che consigli daresti a un giovane traduttore?

So di docenti che stroncano sul nascere le speranze dei loro allievi, stile “scordatevi di poter diventare traduttori, è assolutamente impossibile”. Se lo pensassi anch’io, non vedrei motivo per continuare a insegnare. Ciò non significa che sia facile, anzi: è molto difficile, negarlo sarebbe disonesto. Ma non è impossibile, come dimostrano le decine di traduzioni pubblicate dai miei allievi da quando ho cominciato a insegnare. Il consiglio che posso dare è “mettersi alla prova”, magari frequentando un corso di traduzione che dia la possibilità di confrontarsi con un traduttore professionista e con i compagni. I corsi possono offrire occasioni concrete, o quanto meno consigli utili per superare lo scoglio della prima traduzione.

 

Michele, grazie per aver condiviso con noi alcuni importanti momenti della tua vita professionale, offrendo interessantissimi spunti di riflessione a tutti coloro che vogliono diventare traduttori editoriali.

 

Intervista concessa a Studio Antongini, realizzata da Ilia Antongini.